La navata della chiesa accoglie un intervento che incarna alcune delle costanti più emblematiche del lavoro di Bartolini: la
tensione tra visibile e invisibile, la sospensione tra reale e simbolico, la trasformazione della luce in materia e narrazione.
All’ingresso, una grande luminaria spenta costruisce un corpo architettonico fatto di geometrie modulari. È la seconda
volta che Bartolini lavora con le luminarie siciliane, mostrate nella loro condizione dormiente: priva di luce, ridotta a un’intelaiatura
essenziale. Queste luminarie tradizionali del Sud Italia, usate per le feste religiose e civili realizzano così installate
uno spazio diafano, sospeso tra promessa e disillusione, in cui la festa appare congelata, forse già conclusa,
o forse ancora da iniziare.
Sul retro dell’altare, al centro, un neon rosso si accende e restituisce luce e voce a due scritte murali rinvenute nel carcere
di Cremona. Se nella luminaria la luce si spegne, qui la parola prende forma luminosa, rivelando pubblicamente un segno
privato.
La mostra si costruisce come una doppia soglia, dove l’elemento luminoso viene sottratto al dispositivo festivo per essere
restituito alla voce dell’individuo isolato. Ne risulta un equilibrio instabile, che gioca sul contrasto tra trasparenza e segreto,
libertà e costrizione, visione e immaginazione.
Massimo Bartolini (n. 1962, Cecina) vive e lavora a Cecina, in Italia.
Traendo ispirazione dall’ambiente provinciale delle città italiane e dalle feste in campagna, il lavoro di
Massimo Bartolini si concentra sulla definizione dei concetti di soglia e paesaggio. Utilizzando diversi media,
come pittura, scultura e grandi installazioni, Bartolini rielabora e ridefinisce l’idea di paesaggio, creando spazi
di riflessione e rifugi contemplativi, in cui anche la natura diventa protagonista. Spesso manipola suono, luce e
architettura, generando esperienze disorientanti.
Le sue recenti mostre personal includono, tra le altre: MASSIMODECARLO, Hong Kong (2024);
Hagoromo, curata da Luca Cerizza, Elena Magini, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato
(2022); On Identikit, CSAC, Parma (2020); Four Organs, Fondazione Merz, Torino (2017); Massimo
Bartolini, Museo Marino Marini, Firenze (2015); It’s mine! Paesaggio e appropriazione, MART, Rovereto
(2014); Schlosspark Pansevitz, Outdoor Sculpture Park, Rugen (2013); Hum Massimo Bartolini, curata da
Anna Castelli Guidi, AuditoriumArte, Roma (2012); Massimo Bartolini, Art Unlimited, Art Basel 42, Basilea
(2011); Massimo Bartolini: Cor, South London Gallery, Londra (2010).
Tra le sue mostre collettive: Panorama, un progetto di ITALICS Art & Landscape, Aquila (2023); Le futur
derrière nous, Villa Arson, Nizza, Francia (2022); Villa Chiuminatto, Villa Chiuminatto, Torino (2021); Come
prima, meglio di prima, MASSIMODECARLO, Milano (2020); In the Meantime, Museum Voorlinden,
Wassenaar (2017); The City, My Studio / The City, My Life, Kathmandu Triennale, Kathmandu Vallery
(2017); PROPORTIO, curata da Axel Vervoordt e Daniela Ferretti, Palazzo Fortuny, Venezia (2015); I’ll be
there forever - The sense of classics, curata da Cloe Piccoli, Palazzo Cusani, Milano (2015); Ennesima/
Umpteenth, An Exhibition of Seven Exhibitions of italian art, curated by Vincenzo de Bellis, Triennale di
Milano, Milano (2015); La disparition des lucioles, Prison Sainte-Anne, Avignone (2014).
Massimo Bartolini ha inoltre partecipato a: 60° Biennale di Venezia, Padiglione Italia (2024); Bangkok Art
Biennial (2020); 56° Biennale di Venezia (2013); Documenta XIII, a cura di Carolyn Christov-Bakargiev,
Museum Fredericianum, Kassel (2012).