San Carlo Cremona è lieto di presentare l'ottava mostra nel proprio spazio: Jonas Mekas, Requiem. L'opera Requiem, commissionata e presentata a The Shed, New York City, è un tributo meditativo alla partitura di Verdi per la Messa da Requiem, o Messa funebre cattolica, ed una riflessione sulla bellezza del mondo naturale. Il Requiem di Mekas è un commento implacabile sulla vita su questo pianeta da parte di un artista che, all'età di 96 anni, era ben consapevole degli orrori del XX secolo e sgomento dagli eventi del XXI secolo. Le immagini principali di quest'opera, che sono tratte da film girati dall'artista nel corso di tre decenni, dal suo primo videoregistratore analogico Sony al suo Nikon tascabile HD, sono fiori. Fiori tagliati, fiori da giardino, fiori selvatici e fiori in fiore su alberi, colline, campi ed altrove sono accompagnati dai suoni della natura e dalla Messa da Requiem di Giuseppe Verdi.
Sono inseriti nel lavoro con traduzioni di versi dalla messa funebre latina cantata dal coro, insieme ad altre immagini, tra cui registrazioni di notizie televisive ispirate a temi del romanzo "I promessi sposi", un classico della letteratura italiana ambientato in un periodo di tumulto e peste di Alessandro Manzoni. Per il quale è stata composta la "Requiem" di Verdi. Artista, poeta e regista nato in Lituania, Jonas Mekas (1922-2019) è stato uno dei pilastri del famoso cinema sperimentale indipendente di New York. Fondatore del movimento cinematografico d'avanguardia americano, le sue opere hanno influenzato generazioni di cineasti e sono state esposte in mostre d'arte come Documenta Kassel, la Biennale di Venezia, la Serpentine a Londra, il Centre Pompidou a Parigi ed il Jewish Museum di New York. Requiem di Jonas Mekas è la prima mostra del 2024 che si tiene nella chiesa sconsacrata del XVII secolo di San Carlo in Via Bissolati 33, Cremona. La mostra sarà visibile fino al 14 Luglio 2024.
Jonas Mekas (1922, Semeniškiai, Lithuania – 2019, Brooklyn, USA) ha vissuto e lavorato a New York come artista, poeta e regista i cui film sono una pietra miliare del cinema indipendente in tutto il mondo. Nel 1944, Jonas e suo fratello Adolfas furono deportati dai nazisti in un campo di lavoro forzato a Elmshorn, in Germania. Alla fine del 1949 l’Organizzazione delle Nazioni Unite per i rifugiati portò i fratelli a New York, dove si stabilirono a Williamsburg, Brooklyn. Grazie all’amicizia con il suo connazionale George Maciunas, Mekas divenne subito attivo nel gruppo Fluxus. È noto, per esempio, che abbia girato Bed_In (19699 e Up Your Legs Forever (1970), due importanti performance di Yoko Ono che, nel febbrario 2015, lo ha premiato con i Lennon Courage Awards for the Arts al MoMA, Museum of Modern Art, New York. Nel 1949, due mesi dopo il suo arrivo a New York, l’artista acquista la sua prima macchina fotografica Bolex. Ben presto viene profondamente coinvolto ne movimento cinematografico d’avanguardia americano, in un primo momento curando proiezioni per l’organizzazione non-profit Film Forum e il Carl Fischer Auditorium. Nel 1954 fondò la rivista Film Culture, che divenne presto la più importante pubblicazione cinematografica negli Stati Uniti. Nel 1958 iniziò la sua leggendaria rubrica Movie Journal in The Village Voice. Alla fine del 1960 firma il New American Cinema Manifesto, che rappresenta un’intera generazione di registi indipendenti come Stan Brakhage, Jack Smith e Kenneth Anger.
Sviluppando le idee espresse nel manifesto, nel 1962 Mekas fondò la Film-Makers’ Cooperative e nel 1964 la Film-Makers’ Cinematheque, che alla fine crebbe nell’Anthology Film Archives, uno dei più grandi ed importanti depositi mondiali di cinema d’avanguardia. È difficile trovare un regista d’avanguardia che non sia stato influenzato da Jonas Mekas: dai lungometraggi di Andy Warhol, al cinema strutturale di Michael Snow, al cinema espressionista di Stan Brakhage, al cinema ampliato di Stan VanDerBreek. Molti artisti affermati della fine del XX secolo hanno riconosciuto il suo ruolo fondamentale, quasi preparatorio, per la loro carriera: Joan Jonas, Carolee Schneemann, Chantal Akerman, Douglas Gordon, Harmony Korine per citarne alcuni. Jonas Mekas è accreditato per il progresso delle forme diacritiche del cinema. Il suo secondo film, The Brig, ha ricevuto il Gran Premio alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1963. La sua filmografia include capolavori come “Walden” (1969); “Reminiscences of a Journey to Lithuania” (1972); “Lost Lost Lost” (1975); “As I was Moving Ahead I saw Brief Glimpses of Beauty” (2000); “A Letter from Greenpoint” (2005); “Sleepless Nights Stories” (2011) and “Outtakes from the Life of a Happy Man” (2012). Nel 2007, Jonas Mekas ha completato una serie di 365 cortometraggi pubblicati sul suo sito web, uno al giorno, e da allora ha continuato a condividere nuove opere online come modo per sperimentare il cinema nell’era di Internet. Questa parte della sua produzione è stata il tema di “The Internet Saga”, una mostra che è stata presentata a Palazzo Foscari Contarini in occasione della 56esima Biennale di Venezia.
Il lavoro di Jonas Mekas è stato celebrato negli anni in occasione degli eventi artisti di maggiore importanza: 51esima Esposizione internazionale d’Arte, The Experience of Art Directed | Always a Little Further, Venezia, Italia (2005); 50esima Mostra Internazionale d’Arte, Sogni e Conflitti. La dittatura dello spettatore, Venezia, Italia 82003); Documenta XI, Kassel, Germania (2002), 53esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Venezia, Italia (1996); 31esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Venezia, Italia (1970); 25esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Italia. Più recenti sono le mostre retrospettive “Jonas Mekas, Open Archives”, alla Monira Foundation, Chicago, USA (2023); Jonas Mekas: Under the Shadow of the Tree, Padiglione dell’Esprit Nouveau, Bologna, Italia (2023); Images are Real, Mattatoio - Padiglione 9b, Palazzo delle Esposizioni, Roma, Italia (2022-2023); Jonas Mekas: The Camera Was Always Running, The Jewish Museum, New York, USA (2022); Again, again it all comes back to me in brief glimpses, MMCA in Seoul, South Korea (2017); Russian Atlases, the Hermitage Museum in Saint Petersburg, Russia 82013); Jonas Mekas; MUAUC a Città del Messico, Messico (2013); Jonas Mekas, Serpentine Gallery di Londra, Gran Bretagna (2012), e Jonas Mekas, Centre Pompidou a Parigi, Francia (2012).
Ho incontrato Jonas Mekas a metà degli anni ’90, forse nel 1992/1993, a Parigi, grazie alla nostra
amica in comune Agnes B - artista, stilista, fotografa, collezionista, filantropa, fondatrice
dell’omonima etichetta, e anche della Fab, la nuova istituzione di Parigi.
È stata subito amicizia a prima vista. Eravamo legati dalla nostra passione per le conversazioni. Io
ero, naturalmente, molto affascinato da Jonas, che registrava tutte le conversazioni che aveva con
le persone, non solo film delle città e pellicole di ogni tipo, ma anche le conversazioni.
Ricordo che eravamo seduti vicino a Chatelet a Parigi, penso fosse al Mirabelle Café, e lì Jonas
disse che non capiva perchè visitassi tutti questi meravigliosi artisti, imparassi da loro e lavorassi con
loro, ma senza riprendere. Disse: “un giorno ti pentirai di non avere una pellicola con queste
registrazioni”. E come sempre, io ascoltavo; ascoltavo gli artisti, e certamente ascoltavo Jonas. Ho
quindi comprato una piccola fotocamera e ho iniziato, inizialmente su mini DB e poi, naturalmente
su iPhone e smartphone, a registrare queste conversazioni. Ad oggi ho diverse migliaia di ore. In un
certo senso devo davvero il mio archivio a qualcuno - non intendo le interviste, perchè quelle le ho
ho registrate comunque in audio - ma il fatto che ho queste interviste su pellicola (cosa molto
preziosa). Lo devo a Jonas.
Sono sempre stato molto affascinato da Jonas come regista, come artista, come poeta. Penso che,
come molti artisti più giovani di oggi, lui fosse molte cose. Era una figura di spicco del cinema
d’avanguardia, e uno dei più grandi poeti del nostro tempo.
Ho sempre pensato che sarebbe stato molto importante fare una mostra che unisse questi diversi
aspetti del cinema, del video, del lavoro fotografico, della letteratura della sua prolifica carriera. Nel
2012 siamo stati finalmente in grado di farlo quando sono diventato Co-Direttore e,
successivamente, Direttore Artistico alla Serpentine. Ho invitato Jonas Mekas insieme a Julia
Peyton-Jones a fare una ricerca che avrebbe unito le diverse dimensioni dei film di Jonas. È quasi
come la teoria delle super stringhe della fisica quantistica - ci sono così tante dimensioni in Jonas.
La sua visione era unica: attraverso tutte queste diverse forme di espressione, Jonas Mekas è
sempre stato in grado di catturare momenti molto personali di bellezza, celebrazione, la gioia di
essere vivo su questo pianeta. E, già negli anni ’60, ha inventato uno stile cinematografico
diartistico molto particolare. Questi diari cinematografici registravano molto intensamente le sue
attività quotidiane e, naturalmente, non solo le sue, ma anche quelle dei suoi colleghi della
comunità cinematografica ed artistica. Ha avuto così tanti dialoghi meravigliosi con artisti come
ad esempio Yoko Ono. Era anche una mia amica e parlava sempre di Jonas e del forte legame che
avevano. Volevamo organizzare la mostra del 2012 per fare una ricerca sull’immagine in
movimento, sulla poesia, e sul suono. Abbiamo inoltre realizzato un lungometraggio presentato
come installazione immersiva. Anche questo è qualcosa che ad oggi non ha valore aggiunto perchè
così tanti artisti attualmente lavorano con installazioni immersive. Ma ne ha dato vita Jonas, ed ha
iniziato presto.
Jonas una volta mi ha detto che voleva davvero celebrare le piccole forme del cinema, le forme
liriche, la poesia, l’acquerello, l’A2, lo schizzo, la cartolina, l’arabesco, le bagatelle, le piccole canzoni
da 8 millimetri. Ha detto di trovarsi in mezzo all’autostrada e ridere perchè una farfalla, posata su
un piccolo fiore, ha sbattuto troppo le ali. E io so che l’intero corso della storia cambierà
drasticamente a causa di quel battito. Una super-8 ha appena fatto un piccolo passaggio morbido
da qualche parte nel Lower East Side di New York, e il mondo non sarà più lo stesso.
Trovo questa citazione di Jonas così bella, e mi porta ad un’altra importante collaborazione che
abbiamo avuto, quando ho dato vita a un “nano-museo” con Jonas negli anni ’90, una parte di un
piccolo museo dove abbiamo fatto due mostre con immagini grandi due o tre pollici. Era, davvero,
un museo molto piccolo.
Abbiamo anche lavorato a circa 15 interviste insieme.
Prima di allora, l’ho anche invitato a fare una mostra al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris. È
stato uno dei pochi artisti con cui ho lavorato quando ero a Parigi al Musée d’Art Moderne, dove
abbiamo esposto le sue pellicole. E poi a Londra, l’indagine di queste diverse dimensioni del suo
lavoro che ho menzionato prima.
Successivamente, come consulente artistico al The Shed, ho lavorato con Alex Poots, direttore ed
amministratore delegato di The Shed. Con lui ho co-curato Requiem, che rappresenta l’ultima
grande opera di Jonas. È incredibile, in un certo senso, che uno dei punti salienti della mia
collaborazione con Jonas sia un’opera che non è ancora conosciuta a sufficienza. Sono davvero
entusiasta che nello spazio di San Carlo Cremona, insieme ad APALAZZOGALLERY, venga
mostrato questo lavoro in Europa per la prima volta. Questa è anche la prima volta in cui
quest’opera viene davvero presentata come mostra poiché in origine il lavoro presentato al The
Shed interdisciplinary Art Centre era sviluppato con musica dal vivo da Currentzis. Dovete
immaginare che l’opera fosse lo sfondo davanti al quale suonava la Currentzis Orchestra. Ma,
naturalmente, lo straordinario Requiem di Jonas esiste a pieno titolo e deve essere celebrato come
tale, ed è per questo che è così speciale che San Carlo Cremona ed APALAZZOGALLERY lo
stiano facendo ora per la prima volta.
Alex Poots ed io abbiamo riflettuto insieme sul Requiem di Jonas quando l’abbiamo presentato al
The Shed. La storia del Requiem inizia in Italia nel 1874. In quell’anno, il compositore Giuseppe
Verdi eseguì la sua Messa da Requiem, una messa funebre cattolica, rapendo il pubblico nella
Chiesa di San Marco a Milano con il suo talento per la scrittura sinfonica e corale e l’uso
drammatico della melodia e del ritmo. Verdi dedicò la sua partitura - scritta per quattro solisti,
doppio coro ed orchestra - al suo amico Alessandro Manzoni, il conosciuto poeta, romanziere, ed
eroe del movimento risorgimentale del XIX secolo per l’unificazione italiana, morto l’anno prima. Il
capolavoro verdiano rimane oggi un virtuosistico e trascendente omaggio musicale ai defunti.
Il Requiem è stato trascritto ed eseguito in modi diversi negli ultimi 145 anni, dagli assoli di
pianoforte all’opera, comprendendo le performance dei prigionieri dei campi di concentramento di
Terezín nel 1943 e 1944.
Mekas, che il New York Times ha definito “il padrino del cinema d’avanguardia”, non solo ha
portato la sua visione da regista, poeta, critico e filosofo, ma anche il suo amore per la musica, che
durava da tutta la vita, nella sua interpretazione del Requiem. La sua opera cinematografica,
editata dalla sua collaboratrice di lunga data Elle Burchill, è un gioco di immagini in movimento
scattate dall’artista e testo dal messale cattolico romano, un libro di istruzioni liturgiche per
l’esecuzione della Messa, che suona in contrappunto alla performance live della partitura come un
delicato lamento per il mondo naturale. Mekas, immigrato a New York nel 1949 dalla Germania del
dopoguerra e dalla Lituania, è scomparso nel gennaio 2019 all’età di 96 anni. Siamo orgogliosi di
condividere uno dei suoi ultimi film come celebrazione della sua vita e generosità, sperando che
questo Requiem fornirà un momento tanto necessario per la riflessione collettiva e la meditazione
attraverso le discipline artistiche e le epoche storiche.
E così sì, per sempre Jonas Mekas, Jonas Mekas per sempre.